Ipocrisia europea e migrazioni di massa



4 Settembre 2015


migration

Regna sovrana l'ipocrisia dei governi europei di fronte alle migrazioni di massa.

L'accordo eventuale che sembra profilarsi in sede UE sulla questione migratoria non è affatto la svolta “umanitaria” che viene rappresentata per effetto di una improbabile “svolta etica” tedesca. La Germania imperialista capofila dello strozzinaggio del popolo greco non si è trasformata improvvisamente in custode degli oppressi. E nemmeno lo hanno fatto gli altri paesi capitalistici europei. La Germania ha scelto semplicemente di fare necessità virtù: integrerà i siriani, per equilibrare il calo demografico, usandoli come esercito industriale di riserva per la propria industria e i suoi profitti; respingerà tutti gli altri, sulla base di una discriminazione totalmente arbitraria. Altri paesi imperialisti dell'Unione ( Francia, Spagna, la stessa Gran Bretagna) prenderanno una quota di rifugiati, comunque irrisoria, per salvare la faccia. Ma tutti insieme nascondono il volto vero dell'operazione in gestazione.

Infatti , proprio questa intesa cosiddetta “umanitaria”, dietro il paravento di una recitata commozione, cela un ulteriore pesante inasprimento del trattamento dei migranti. La distinzione tra rifugiati e migranti cosiddetti “economici”, già abusiva, viene ulteriormente codificata e irrigidita. Le nuove commissioni “hot spot” previste nei paesi di confine ( Italia, Grecia, forse Ungheria) saranno incaricate di fare il lavoro sporco, sotto un più rigido “controllo europeo” e qualche fondo in più: provvederanno a filtrare quote più ristrette e selezionate di rifugiati allargando la soglia dei migranti “irregolari” da cacciare. A fronte di una migrazione di massa proveniente totalmente da paesi in guerra o dominati da oppressioni inumane, questo significherà, al di là delle chiacchiere, una cosa sola: una quota sempre più ampia di profughi e rifugiati sarà rimandata “nei paesi di provenienza”, coi quali non a caso la UE e i singoli governi europei già stanno attivando accordi bilaterali di reimpatrio. Si tratta dell'annunciata condanna di una massa crescente di migranti alla fame, alla tortura, alla morte. Perchè tornare in Eritrea, o in Mali, o in Gambia, o in Nigeria, o in Afghanistan, o in Palestina o in Irak - i paesi dai quali proviene la quasi totalità dei migranti approdati in Italia nel 2015 - significa esattamente questo.

Il capitalismo non può risolvere i problemi che crea. Ma non può pretendere di nascondere i propri crimini dietro recite umanitarie. Il movimento operaio europeo ha davanti a sé una grande sfida. Che non è solo quella della battaglia, comunque prioritaria, per i diritti democratici elementari dei migranti , a partire dal diritto alla vita e alla accoglienza, contro tutte le politiche oppressive , discriminatrici, securitarie, che i governi europei e i movimenti xenofobi, praticano o sollecitano contro di essi. Ma è e deve essere anche una battaglia anticapitalistica, attorno a rivendicazioni che possano unire lavoratori italiani e migranti contro i comuni sfruttatori: la ripartizione fra tutti del lavoro esistente con la riduzione progressiva dell'orario di lavoro; grandi piani di nuovo lavoro per opere sociali; requisizione di grandi patrimoni immobiliari sfitti. I migranti “sono troppi” per questa organizzazione capitalista della società basata sullo sfruttamento. Non sono troppi per un'altra organizzazione della società, finalmente liberata dalla dittatura del profitto.
La lotta per un governo dei lavoratori, in ogni paese e su scala continentale, è parte integrante della nostra battaglia al fianco dei migranti, come di tutti gli oppressi.

Partito Comunista dei Lavoratori

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